Sanremo 2023: le cover

Inizia la serata tanto attesa delle cover al festival dei fiori. Brani scelti dagli anni sessanta fino al 2009. Ignorati gli ultimi 14 anni senza un motivo. C’è il rischio per qualcuno di bruciarsi per aver scelto brani “pesanti” come un macigno. Perdoniamoli preventivamente perché non sanno quello che cantano.

Iniziano Ariete e Sangiovanni con Centro di gravità permanente di Franco Battiato. Entrambi parlano (non cantano) in corsivo, quel fenomeno linguistico scoppiato sul social Tik Tok. “Nemmeno alla festa dell’oratorio la cantano così male”, mi scrive un amico prete. Pessimi. E anche l’orchestra non centra il bersaglio, si limita a fare il compitino. Si comincia col piede sbagliato. Sembrano dilettanti allo sbaraglio. Un po’ di modestia servirebbe per approcciarsi in modo libero e creativo, anche dissacratorio, al patrimonio di Battiato. Mancano le basi.

Will & Michele Zarrillo  con Cinque giorni. Uno dei pezzi più iconici del festival affidato a un giovane, con la sapiente guida dell’autore. Decisamente più a fuoco, nulla da aggiungere. Il binomio funziona, magari con qualche virtuosismo vocale in meno di Zarrillo. Sarebbe stato meglio.

Elodie & BigMama con un classico del rock American woman dei The Guess Who, un brano del 1970 più noto ai giorni nostri nella versione di Lenny Kravitz. Ci vuole arte per depotenziare un pezzo esplosivo di suo. BigMama in versione Beth Ditto dei Gossip, Elodie che sembra spuntare da una reclame di un profumo francese qualsiasi. Di nuovo l’arrangiamento orchestrale pare sbagliato. Un pezzo rock che diventa funk. Si mette male, molto male stasera.

L’omaggio di Sanremo a Peppino Di Capri che prova a cantare Champagne. Sul maestro Di Capri i segni del tempo sono evidenti. Il tributo alla sua musica arriva in colpevole ritardo, lui che ha partecipato 15 volte al Festival e vinto due volte. Lo stesso una fortuna riceve in vita il premio “Città di Sanremo” vista la dimenticanza che l’Italia festivaliera riserva agli artisti. Comunque riporta la pace su quel palco che finora ha deluso. Gianni Morandi impossessato dal demone canterino, canticchia il brano cui Peppino è più affezionato, Non lo faccio più, con cui vinse il festival nel 1976. Ecco… non farlo più, Morandi. Poi c’è la scenetta poco comica dell’ingresso di Chiara Francini. Che ridere.

Olly e Lorella Cuccarini cantano La notte vola, il pezzo che ha fatto la storia delle sigle televisive e della curva sud della Roma. Pare sia stato visto aggirarsi sul palco il fantasma di Pippo Baudo. La versione dance del brano è tra le cose più trash mai sentite, vien voglia di togliere il volume al televisore. Il pezzo mortifica l’orchestra, una serata nata storta per gli orchestrarli. La Cuccarini provoca una tempesta ormonale a Morandi. La prima vera novità della serata: il Gianni nazionale è vivo.

Eros Ramazzotti duetta con Utimo in un suo medley, guidati da Celso Valli con cui ho pranzato nello stesso ristorante a Sanremo. Nel senso che eravamo seduti vicini. Su un brano, Eros non ricorda le parole ma si riprende subito, la classe non è acqua. Blanco ringrazia per la lezione gratuita ricevuta. Il duetto funziona poco, Ramazzotti ruba la scena e Ultimo sparisce. Funzionale allo scopo: spingere Ultimo alla vittoria. Scrive mia sorella via Whatsapp: “Non essere cattivo con Ramazzotti che piaceva a papà. Ricordo che quando mi faceva scuola guida e passava alla radio Più bella cosa, hit di quei tempi, alzava il volume e cantava. Ho troppo un bel ricordo”. La famiglia è salva.

Lazza & Emma & Laura Marzadori (prima violinista della Scala di Milano) in un brano di Nesli, La fine. Una furbata perché il pezzo non è nella memoria degli italiani, dunque non teme paragoni o confronti con i gusti dei telespettatori. Possono fare della canzone ciò che vogliono e a rischio zero. La squadra musicale porta a casa il risultato, ma l’Italia intera si chiede: perché Emma urla? Lazza rischia di prendersi il festival, anche se non lo vincerà. Un vero talento.

Tananai & Don Joe & Biagio Antonacci in Vorrei cantare come Biagio del quasi convertito Simone Cristicchi. In realtà presentano un medley di Antonacci. Non avevo mai notato la somiglianza di Biagio Antonacci con il politico Enrico Letta, mentre Tananai è l’erede naturale di Raf. Un’esibizione un filo soporifera.

Al cuore non si comanda. Compagni dentro e fuori dal palco, Shari e Salmo cantano un medley di Zucchero. La sovrastampa dice Hai scelto un diavolo in me. Hai scelto, hai acceso… mah. Si candidano ad essere i nuovi Al Bano e Romina Power. Salmo restituisce simbolicamente quel microfono distrutto nella serata in cui si è esibito, in modo assai convincente, sulla nave crociera. Ricorda Vasco Rossi quando portò via il microfono nell’edizione 1983, restituendolo nell’edizione 2005 quando fu il superospite.

Gianluca Grignani e David Bowie travestito da Arisa in Destinazione paradiso. Una canzone spigolosa perché parla del suicidio. Doppia conduzione con Peppe Vessicchio. Grignani coverizza se stesso e male. Si prende più minuti del dovuto, scorretto verso gli altri concorrenti. Arisa, mentre viene costretta da Grignani a continuare l’esibizione, esclama: “Ancora? Abbiamo combinato un casino…” Sembrano Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, con il dovuto rispetto a una coppia stellare della televisione italiana. Invidio il chiodo di pelle di Grignani, con la scritta: “Il punk è un’attitudine”. Ricorda una citazione di David Byrne dei Talking Heads: “Il punk è stato definito come un’attitudine piuttosto che uno stile musicale”.

Amadeus legge un testo per Il giorno del ricordo delle foibe, l’eccidio di migliaia di italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia gettati nelle foibe dall’esercito di Tito. Chapeau! Sul palco di piazza Colombo l’esibizione de La Rappresentante di Lista, in un loro medley. La serata dei medley, formato “du gust is megli che uan”. Gli applausi sono finti, sappiatelo.

Leo Gassmann & Edoardo Bennato & Quartetto Flegreo in un medley (sarà meglio iniziare ad usare dei sinonimi) di Edoardo Bennato. Il pezzo iniziale è un pezzo contro la guerra di Edoardo e il fratello Eugenio, A cosa serve la guerra del 2003. Tutto bene, bella la citazione del quartetto d’archi ai Rolling Stones di Satisfaction e ai Deep Purple di Smoke on the water. Tra le migliori esibizioni della serata. Non ho mai capito perché il maestro Bennato sceglie brutte montature di occhiali. I gusti non si discutono.

Articolo 31 & Fedez nel medley Articolo 31 con l’appello al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni di legalizzare le droghe leggere. Ci dissociamo. Illegali le tute tamarre usate dagli Articolo 31. Esibizione da dimenticare. Salgono sul palco le signore della musica italiana, Giorgia ed Elisa. Con Luce (Tramonti a nord est) e Di sole e d’azzurro mettono tutti a tacere. Eleganza, stile, potenza vocale e classe da vendere. Come loro nessuno, punto.

I battistiani Colapesce e Dimartino chiamano Carla Bruni per interpretare”Azzurro di Adriano Celentano. La madame francesce e italiana, anzi piemontese, comincia steccando. Colapesce stona di brutto. Dimartino parte in ritardo. Si fanno del male da soli, un autogol su un brano non semplice da cantare. Perché rischiare scegliendo il brano italiano più iconico della storia della musica italiana, dopo Volare ? Ci si aspettava di più dal trio delle meraviglie. Poi tutti finisce in caciara con cori da stadio. Esibizione leggerissima.

I Cugini di Campagna con Paolo Vallesi cantano La forza della vita e Anima mia. Se rinasco, voglio essere il quinto elemento dei Cugini. Vestono come la carta dei cioccolatini, li venero. La versione di Anima mia fa venire giù il teatro. Faccio il tifo per loro. I critici musicali gli tireranno la melma addosso. Meritano rispetto.

Marco Mengoni osa con Let it be dei Beatles, insieme ai Kingdom Choir. Gli piace vincere facile, infatti la sua esibizione è impeccabile, ruffiana. Poteva seppellirsi da solo in un brano in cui Paul McCartney cantò di un sogno. La mamma Mary (morta da poco) gli sussurrò di lasciarla andare in Paradiso, di non preoccuparsi, di lasciare andare ogni preoccupazione e di vivere. Mengoni ha vinto Sanremo con una giornata di anticipo.

Gianmaria insieme a Manuel Agnelli canta uno dei brani più importanti della storia del rock in Italia, Quello che non c’è. Un’esibizione intensa, finalmente un po’ di vero rock su quel palco. Gianmaria fragile ed efficace. Interpretazione molto tirata e teatrale quella di Agnelli di una canzone tratta dall’omonimo album del 2002. Lì sono incluse perle come La gente sta male e Il mio ruolo. Un disco da riscoprire.

Mr. Rain e Fasma con Qualcosa di grande di Cesare Cremonini. Sembra di stare allo Zecchino d’Oro. Non me ne vogliano, poco incisivi. Tanto Mr. Rain piace a molti. Madame e Izi osano con Via del campo dell’eterno Fabrizio De André. Sentirlo con l’autotune di Izi suona come un insulto, ne vieterei l’utilizzo. Madame comunque centrata e rispettosa del brano. Poteva andar peggio, hanno il merito di aver proposto ai più giovani un pezzo di storia della musica. Versione che non ricorderemo. Izi fuori contesto. Madame cambia il finale: “Ai piedi della mia croce scagliate la prima pietra”. Un tradimento al testo, in fondo è lo scopo di una cover.

I Coma_Cose e i Baustelle duettano con Sarà perché ti amo dei Ricchi e Poveri. Vedere Francesco Bianconi mettersi a servizio dei Coma_Cose è una bella lezione di stile e di modestia. Performanti, hanno fatto ballare l’Ariston. Amadeus poteva spendere qualche parola in più per il ritorno in scena dei Baustelle… Proprio vero che “Gesù Cristo rà o ppane a chi nun tene e rient” che tradotto dal napoletano significa “Gesu da il pane a chi non ha i denti'”. Vedendo sul palco Andrea Delogu e Jody Cecchetto mi chiedo il perché non lo hanno presentato loro il festival. Freschi, spontanei e simpatici.

Arrivano Rosa Chemical Rose Villain con un brano controverso come America di Gianna Nannini. Il tema trattato dalla canzone è roba da educande, si sente di peggio nelle canzoni di oggi, il brano è ben eseguito. Segue l’inno alla libertà sessuale di Rosa Chemical non apprezzato dal pubblico in sala. Chi gli impedisce d’amare? Vede nemici ovunque. Pace.

I Modà e Le Vibrazioni hanno la colpa di eseguire uno dei brani che amo di meno della serata, Vieni da me. Eppure è una delle canzoni più cantate dal pubblico. Rischio di essere parziale. Si è sentito di peggio stasera. Due band insieme come gli U2 con i Green Day in un’altra cover, The Saints are Coming degli Skids. Ma quella è un’altra storia. Viva le band!

La nuova Levante canta Vivere di Vasco Rossi con Renzo Rubino al pianoforte. Ma non poteva farlo cantare il povero Renzo? Un’esecuzione esagerata, poteva cantare la disperazione urlando di meno. Eppure la sua canzone in gara è tra le mie preferite. Nonostante il biondo finto inguardabile.

Saprà la Anna Oxa interpretare se stessa con l’albanese Iljard Shaba? Un’emozione da poco appartiene al canzoniere italiano, difficile eseguirla in modo diverso da come la ricordiamo. I vocalizi di Anna Oxa sono tra le cose più strane mai sentite a Sanremo. Una sperimentazione che lascia l’amaro in bocca.

Sono curioso di sentire la versione di Charlie fa surf dei Baustelle secondo Sethu e i Bnkr44, vestiti di bianco come i Backstreet Boys e pettinati come negli anni ottanta. Irriverenti, come il brano scelto. Non dispiacciono. Eh già, i Baustelle, capito Amadeus? Segue Oggi sono io di Alex Britti dello stesso in coppia con LDA, il figlio di Gigi D’Alessio. Il confronto con la versione di Mina mette paura. LDA fa fare il lavoro sporco a Britti, è lui che deve prendere le note più alte. Applausi ad Alex Britti per la fatica e la bravura.

Mara Sattei con Noemi si cimenta con il brano dance L’amour toujours di Gigi D’Agostino. Una hit degli anni Novanta “che ha riscritto i codici della dance mondiale”. Non sapevo che la dance avesse una struttura, un codice, delle regole. Esce fuori un mappazzone, scelta infelice. La Sattei poteva fare meglio, scegliendo un vestito più adatto alla sua voce. Rimane un talento, brava la Noemi che si è messa in gioco.

Otto canzoni mixate da Paola & Chiara con i deejay Merk & Kremont. Non sapevo avessero scritto così tante canzoni. Un revival anni novanta stile trenino di capodanno. Si balla la vita nueva, è un augurio a loro. Arriva l’ultima canzone. I Colla Zio (i peggio vestiti della serata) con Ditonellapiaga cantano Salirò di Daniele Silvestri. Divertenti, vista anche l’ora, l’una e mezza di notte. Finalmente si annuncia lo stop al televoto. Evviva, evviva, evviva. La fine si avvicina. Arriva la classifica delle cover. Nei primi cinque classificati: Mr. Rain, Giorgia, Lazza, Ultimo e con il vincitore Marco Mengoni. Ma che sorpresa.

Poi viene letta la classifica generale. Nei primi cinque: Giorgia, Mr. Rain, Lazza, Ultimo e al primo posto Marco Mengoni. Ma che sorpresa. Nella finale il televoto deciderà il destino di Mengoni. Già li vedo i fan di Ultimo a smanettare sui telefonini per inviare sms a 50 centesimi l’uno, per un massimo di cinque messaggi. Un bel business i messaggi a pagamento.

Non so, il festival. Veramente brutto. Un male necessario.

Rubrica per la diocesi di Ventimiglia – Sanremo

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